Dire gay ad un’altra persona è un reato secondo la Cassazione

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Dire gay ad un'altra persona è un reato secondo la Cassazione GLBT News Sentenza shock della Cassazione che ha condannato a 400 euro di multa un vigile urbano di Ancona per aver dato del gay ad un suo collega. L’alto grado giudiziario italiano ha dato ragione alla “malcapitata” vittima in mondo offensivo e quindi passibile di condanna e relativa pena per ingiuria.

In lotta per la poltrona di comandante della polizia municipale di Ancona, l’imputato ha pensato bene di sbarazzarsi del proprio avversario attraverso una lettera scritta, ricordandogli una vacanza in montagna in compagnia di un marinaio. Quel momento di divertimento sfrenato lo aveva fatto allontanare da un club sportivo frequentato da soli ragazzi. Tanto è bastato a far pensare all’omosessualità vera o presunta del collega e di metterla in chiaro nella missiva per ostacolare il suo percorso professionale.

Il colpevole ha tentato di sdrammatizzare l’episodio tentando di far capire che l’appellativo gay non era stato usato in termini impropri e che l’imputato aveva simpatia e stima per l’altro; nulla da fare. La condanna lapidaria della Cassazione non si è lasciata attendere e il vigile offensivo si è visto condannato al pagamento pecuniario previsto dalla legge. Non si sono fatte attendere le reazioni da parte dei maggiori esponenti del movimento gay italiano per la decisione della Corte Suprema

Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela ed eurodeputato del Pd

Assolutamente. Ma non solo per una generica difesa degli omosessuali come categoria a diverso orientamento sessuale. Per una questione di rispetto dell’individuo. Io posso essere gay e dirlo a tutti, come ho fatto io, ma posso esserlo e non volerlo dire a nessuno, condurre una vita dignitosa senza sbandierarlo ai quattro venti […] Anche se viene scritto in una lettera privata e si fa riferimento a episodi del passato di una persona si manca di rispetto. È la mia vita privata, siamo nella sfera della privacy. Qui è chiara la volontà dispregiativa. Perché devo essere definito gay se non voglio?

Franco Grillini

La sentenza della Cassazione inneggia al rispetto. Ringraziamo la Cassazione perché ancora una volta la supplenza giuridica vale di fronte a un parlamento che non si decide a fare le leggi che sono state fatte in tutta Europa. Noi abbiamo tentato invano di scrivere una legge sull’omofobia che ricomprendesse anche l’ingiuria, la calunnia e la diffamazione.

Paolo Patanè, Presidente nazionale Arcigay

È molto importante contrastare il pericolo che persino termini neutri come gay diventino il nascondiglio di atteggiamenti denigratori, ma ora è fondamentale che il Legislatore comprenda il segnale dato dalla Corte. Apprezziamo dunque la sentenza, ma ricordiamo ancora una volta l’urgenza dell’estensione della Legge Mancino ai reati d’odio motivati da diversi orientamento sessuale o identità di genere. Altrimenti il rischio è che un’attenzione più superficiale si fermi a parole neutre, magari senza intendimenti denigratori, lasciando paradossalmente indisturbati gli intendimenti e gli atteggiamenti denigratori senza parole.

Aurelio Mancuso

La cultura di questo Paese continua a essere arretrata. L’appellativo gay non può essere un’offesa. È una condizione ormai considerata normale. Ci sono altri termini, come frocio o pederasta che possono essere sì considerati offensivi. Gay no. Mi sembra una di quelle sentenze strane che ogni tanto emergono dalla Cassazione, ma non tengono conto dell’evoluzione sociale del Paese.

Paola Concia

Giusto. Non si può insultare qualcuno in ragione del suo orientamento sessuale. Adesso bisogna approvare la legge contro l’omofobia.

Imma Battaglia

Era ora che in Italia ci fosse, ufficialmente una condanna verso tutti quelli che utilizzano il termine gay in maniera offensiva. In più se si pensa, come nel caso preso in esame dalla Cassazione, che spesso si allude all’equazione tra gay e pedofilia questa sentenza va nella direzione giusta. E’ una vittoria non solo legale ma prima di tutto culturale. Speriamo che questa sentenza sia di buon auspicio per l’appuntamento del 23 marzo, sempre alla Corte di Cassazione, che dovrà pronunciarsi sui ricorsi presentati da coppie omosessuali che hanno presentato richiesta di matrimonio ai Comuni ma è stata rigettata.

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