Il coming out non è mai una decisione presa alla leggera. C’è chi riesce a dichiararsi al mondo prima, chi in ritardo rispetto a ciò che ci si aspetterebbe. In tutti i casi si tratta di un percorso ben preciso frutto di tante riflessioni e paure prima e di tanta “pazienza” dopo.
Scusateci l’uso di questo termine, ma nelle ultime settimane abbiamo avuto la possibilità di assistere a due coming out di eccellenza: quello di Michael Sam e quello di Ellen Page. Ed entrambi ci hanno fatto riflettere perché parliamo di due ragazzi di meno di 30 anni, sotto l’occhio dei tifosi e delle comunità sportive il primo e sotto quello delle telecamere la seconda. E ci è venuto da pensare a tutti coloro che continuano a non dichiararsi per motivazioni di varia tipologia insieme al fatto che per quanto il mondo sia effettivamente cambiato un po’ rispetto al passato, molte cose sono rimaste tali e quali.
Le famiglie che non sempre capiscono e sono supportive, l’ambiente di lavoro, il costante giudizio al quale si è esposti. Fare coming out non è facile, per nulla. Ed in un mondo perfetto, come ripetiamo sempre, non ci sarebbe bisogno di definirsi per la propria sessualità. Solo che noi viviamo in questo pianeta in una società dove si è messi costantemente sotto giudizio per tutto. E dove l’omofobia è imperante.
Non è facile, la paura è tanta. Soprattutto per il futuro. Perchè è in quel momento che scatta la non accettazione da parte degli ignoranti ed in alcuni casi anche dalle persone che al contrario dovrebbero sostenere. Le lacrime di Ellen Page mentre faceva coming out lo scorso mese sono forse più eloquenti di molte parole: paura, emozione, felicità timore. Esprimevano tutto questo. L’inizio di un sentiero di vita ben preciso che inizia ora e che, per tutti, non si sa mai dove arriverà a portarci.