Quello degli ex gay è un discorso che va trattato con le pinze. E la motivazione è molto semplice: non si può “smettere” di essere bisex, etero o gay a comando: non si può decidere di farlo. Ecco quindi che la risposta a questa domanda implicita è in pratica ed in teoria negativa. Anche se c’è chi sostiene il contrario, dicendo di essersi “liberato” dalla sua sessualità non considerata “normale”.
Ci aspetteremmo da una società e dai singoli di accettarsi ed essere accettati. Di combattere per la propria identità. E trovarci davanti a persone che definiscono l’omosessualità o la bisessualità, o qualsiasi altro orientamento che non rientri nella “canonica” eterosessualità un abominio o qualcosa che fa ribrezzo, ci colpisce nell’anima e ci rende davvero difficile porre l’altra guancia. Perché prima di tutto manca il rispetto per l’individuo, un qualcosa che dovrebbe essere basilare ed insito in noi.
Per ciò che riguarda chi si definisce “ex gay” o “ex bisex”, quella che onestamente prova chi vi scrive è una gran pena. Perché di solito questo “abbandono” del proprio io arriva per motivi religiosi o per paura. Ci si pone dietro una maschera che porta semplicemente a del malessere. Un conto secondo noi, è innamorarsi di una persona opposta alla sessualità con la quale ci si è sempre definiti che è normalissimo anch’esso (e che ci riporta al concetto di come teoricamente noi nasciamo tutti pansessuali, N.d.R.), un conto è imporsi per indottrinamento di non amare ciò che si ama. Non parliamo di un paio di scarpe: ma di noi stessi e della nostra felicità.
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