Che i rapporti politici tra Berlusconi e Gianfranco Fini si siano ormai deteriorati da tempo è un dato di fatto. Il leader del nuovo movimento Futuro e Libertà trova tutti i modi per attaccare i suoi ex alleato tanto da voler colpire sui temi in cui il Presidente del Consiglio risulta più debole agli occhi dell’opinione pubblica, temi etici e dirtti gay compresi:
Mi impegno per la tutela dei diritti civili per la persona umana senza alcuna distinzione e soprattutto senza discriminazione. Rispettare la persona vuol dire non distignuere tra bianchi e neri, cristiani, musulmani ed ebrei, uomini e donne, eterossessuali o omosessuali tra cittadini italiani o stranieri. La persona è al centro di qualsiasi cultura politica che voglia creare i presupposti per un’armonia ed è fin troppo evidente che ciò non significa negare la necessità per ognuno ad adempiere dei doveri. E’ triste constatare, come da questo punto di vista, vi sia superficialità e notevole arretratezza del dibattito politico sulla questione della cittadinanza. Anche in questo frangente il centrodestra si faccia solamente portavoce di un certo leghismo deteriore. Su questi temi, sui temi dei diritti civili, non c’è in alcuna parte d’Europa un movimento politico così arretrato culturalmente come mi sembra essere il Pdl a rimorchio della peggior cultura leghista.
Un discorso che ha fatto tremare Marco Tarquinio, direttore dell’Avvenire, che ha colto la palla al balzo per attaccare Fini rispondendo alla lettera perplessa di un lettore (Fonte Corriere della Sera):
Il «partito moderno» anzi «futurista» di Gianfranco Fini sta rivelando di portare nel suo dna qualcosa di strutturalmente e – per quanto ci riguarda – di inaccettabilmente vecchio: la pretesa radicaleggiante di dividere il mondo in buoni e cattivi, in arretrati e progrediti culturalmente, sulla base di una premessa e di un pregiudizio ideologico. Il ronzio di fondo che accompagna le dichiarazioni del leader ricorda, poi, le sicumere dell’anticlericalismo proprio, con le sue ambizioni e le sue miserie, di una certa Italia liberale in tutto e con tutti tranne che nei confronti dei cattolici. Spiace constatare che il primo a fare le spese lessicali e programmatiche del riproporsi di un Fini-pensiero purtroppo già noto sia stato l’istituto della famiglia costituzionalmente definita (articolo 29), cioè quella unita regolarmente in matrimonio e composta da un uomo e una donna e dai figli che hanno messo al mondo o accolto in adozione. Bizzarro, deludente e rischioso argomentare che si somma all’altrettanto pericolosa scelta di campo che l’ha indotto a osteggiare una legge, quella sul “fine vita”, approvata in prima lettura al Senato e ferma alla Camera, tesa a scongiurare la surrettizia e anti-umana introduzione di pratiche eutanasiche nel nostro ordinamento. Come potremmo non annotare e tenere in debita considerazione tutto questo? E, proprio guardando al futuro oltre che al presente, come potrebbero non tenerne conto con lucidità i potenziali interlocutori politici di Fini?