Dopo giorni di trepidazione, insulti, vivaci proteste e chiusura mentale alla possibilità di far partecipare i femminielli alla tradizionale Candelora del 2 febbraio in onore di Mamma Schiavona presso il Santuario di Montevergine (Avellino), Don Beda Paluzzi ha finalmente ceduto:
Per entrare nel Santuario di Montevergine non chiediamo la carta d´identità. Siamo pronti ad accogliere tutti, a patto che ci sia decoro e rispetto per il luogo sacro.
Carlo Cremona, presidente di I-Ken, ha ringraziato il sacerdote per il cambio di rotta sulla vicenda:
Accogliamo con entusiasmo la nuova posizione dell’abate al quale, però, ricordiamo che abbiamo mantenuto sempre un profilo composto non solo nello juta, ma soprattutto nella Chiesa dove nessuno ha mai tenuto comportamenti che potessero offendere la sacralità del luogo. I gay, le lesbiche o le persone trans che salgono a Montevergine ed entrano in Chiesa lo fanno solo per pregare la Madonna, chi non rispetta il luogo rimane fuori. Quello che accade fuori, le tammurriate, le danze sono cose che non riguardano la rete per la Candelora, ma una parte popolare del culto che è patrimonio etnografico della regione Campania, che con le tammurriate delle sette Madonne è oggetto di studio da parte degli antropologi di tutto il mondo. Questo lato festoso della Candelora lo apprezziamo e lo osserviamo con ammirazione, soprattutto quando il canto diventa preghiera toccante ed invocazione per Mamma Schiavona. Ribadendo questo, vorremmo rispondere all’apertura dell’abate con un gesto simbolico, ovvero ammainare le bandiere. Poichè non vogliamo che la juta venga scambiata per una provocazione, noi di I-Ken non porteremo bandiere o vessilli di alcun genere e chiediamo a tutti di fare lo stesso. La nostra rivoluzione non è mostrare uno striscione o una bandiera, la nostra rivoluzione è essere noi stessi, gay, lesbiche e trans, alla luce del sole. Ogni bandiera è considerata una provocazione nei confronti dei fedeli e chiunque lo farà se ne assumerà la responsabilità.