Il Consiglio costituzionale francese ha espresso parere sfavorevole per il riconoscimento delle nozze gay dopo che Corinne Cestino e Sophie Hasslauer, due donne conviventi da 14 anni e madri di quattro figli, hanno presentato, lo scorso mese, istanza per potersi sposare nel proprio paese. Attualmente, la legge francese riconosce il matrimonio in quanto unione esclusiva tra un uomo e una donna come specificato nella Costituzione e in alcuni comma del codice civile che non permettono (o meglio non specificano) le nozze tra persone dello stesso sesso.
Il Consiglio, tuttavia, non preclude a priori la legalizzazione dell’unione matrimoniale. Ricordando che “il legislatore ha valutato che la diversa situazione tra coppie dello stesso sesso e coppie di sesso diverso può giustificare un differente trattamento quanto alle regole del diritto di famiglia”, il Consiglio mette in chiaro anche che non è nelle proprie competenze “sostituire la propria valutazione con quella del legislatore”, al quale spetta l’ultima parola in materia. Paolo Patanè, presidente dell’Arcigay, ha commentato così la decisione:
Il no al matrimonio gay della Corte Costituzionale francese, esattamente come quello della Corte italiana, non pregiudica in alcun modo il senso e il valore della battaglia di piana cittadinanza di cittadini e cittadine gay, lesbiche e transessuali europei. L’iniziativa francese, come già quella italiana, costituiscono passaggi importanti e necessari di una battaglia che ha consentito di arrivare a pronunciamenti netti. La magistratura ha invitato il legislatore all’adeguamento delle norme al mutato quadro sociale e ha chiarito che non esiste alcun divieto o ostacolo Costituzionali al matrimonio gay. Il legislatore può quindi legiferare sul matrimonio gay senza nascondersi dietro ad un dito di presunte impossibilità nella Costituzione. I politici italiani ne prendano atto e si prendano quindi la responsabilità di uniformare le norme al mutato quadro sociale.