A pochi giorni dall’approvazione dei matrimoni gay a New York, il filosofo Gianni Vattimo ha motivato, a Repubblica, il mancato riconoscimento (per non parlare dell’interesse quasi nullo) dei dirtti lgbt, in Italia, da parte della nostra classe dirigente:
Il problema dell’Europa si chiama Italia, non per colpa degli italiani, ma per la colonizzazione portata avanti dal Vaticano e per la codardia dei politici. Il problema è l’intreccio tra l’arretratezza politica e una Chiesa che considera i suoi principi come principi di diritto naturale, non solo sulle unioni omosessuali, ma sulla bioetica, sul fine vita, sul divorzio. Principi non negoziabili, anche se la Chiesa si dichiara democratica.
Cosa accade allora?
Il politico, pur di non perdere un voto del vescovo o del parroco, preferisce evitare di affrontare la questione, anche se nel Paese la posizione è diversa. In Italia c’è una separazione tra politica politichese e opinione pubblica corrente, basti pensare a tanti sondaggi dove anche i cattolici praticanti sono largamente favorevoli al riconoscimento delle unioni civili gay. Mi fa rabbia che la politica ufficiale abbia così paura di dispiacere al papa da fregarsene di dispiacere ai cattolici. Purtroppo l’etica familiare e sessuale resta il terreno principale su cui la Chiesa esercita il suo potere, e su questo non cede.
Dobbiamo arrenderci all’egemonia del Vaticano o continuare a lottare sperando nel miracolo?