Milano: aggressione omofoba ad una coppia gay

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Milano: aggressione omofoba ad una coppia gay Cultura Gay Primo Piano Repubblica ha raccolto una lettera di un 30enne milanese, vittima di un’aggressione omofoba di cui vi riportiamo il testo intergrale come testimonianza dell’agghiacciante trattamento riservato ad una coppia gay che si teneva, semplicemente, mano nella mano:

Caro direttore, quella che sto per raccontare è una storia di quelle che “capitano-soltanto-agli-altri”. Una di quelle vicende che arrivano inaspettate, senza un significato o magari il significato è proprio in questo scrivere. È una storia di strada, di violenza, di leggi di clan, di bullismo, di paura, coraggio, lacrime e tanti abbracci. Nel mio braccialetto, qui in ospedale, c’è una data, 19 novembre 1976, è quando sono nato. E c’è un’altra data sopra: 19 novembre 2011. Le infermiere sorridono e mi dicono «buon compleanno». Forse non lo sapevano i tre ragazzi di una banda di bulli in Via Torino, in pieno centro, intorno alle 19.30, fra i negozi aperti e la gente che passeggiava con i primi acquisti di Natale.

Tre ragazzi di una banda, una delle tante – mi dicono al commissariato – che hanno dato sfogo a una violenza senza significato. Contro me e contro il mio compagno William. Vorrei potervi dire che questa vicenda si aggiunge ai tanti episodi catalogati come violenza omofobica, almeno avrebbe avuto una sua nobiltà di cronaca e un suo significato semplice. Ma no. Si è trattato di una banale violenza, senza significato e senza motivo, solo di una banda di ragazzi minorenni forse filippini, forse sudamericani, non so e non conta neanche tanto.

Erano tre e poi sono diventati tanti. Spintoni e pugni, tanti pugni. In quel momento non capisci bene cosa stia accadendo. Pensavo solo “copri il volto, copri il volto”. L’ho fatto e sono
finito contro una serranda. Poi ho aperto gli occhi, c’era William che mi diceva di stare tranquillo, che era tutto finito. Aveva un occhio nero e sangue ovunque che gli scendeva dal naso. Ma era in piedi. Tanta gente intorno a noi ma nessuno aveva chiamato la polizia. Ci hanno raccontato che a salvarci è stato un ragazzo di colore, forse anche lui non proprio in regola visto che al momento dell’arrivo dell’ambulanza è fuggito via. Forse non aveva il permesso di soggiorno e secondo me lo meriterebbe. Ero lì contro la serranda aspettando che finissero. Non c’era nessuno ad aiutarci; forse le tante persone accanto a noi avevano le mani impegnate a reggere le borse del loro scintillante shopping.

Dei ragazzi non italiani ci hanno picchiato, un ragazzo non italiano ci ha salvato. In ambulanza guardavo William con i lividi mentre piangevo e non sapevo fare altro. Con la testa che rimbombava, tra le mani dell’infermiera. Ci guardava con gli occhi comprensivi di una donna che forse ne ha viste tante di scene come questa, sicuramente anche peggio. Ma per noi era la prima volta e peggio di così è difficile immaginarla.

Ci sono tante domande in tutta questa storia. Perché tanta violenza? Perché non c’era nessuno a intervenire? Come è possibile in pieno centro a Milano essere aggrediti così? Dove sono le autorità che dovrebbero vigilare? Qualche ora al Policlinico, Tac, radiografia e visita neurologica. Tante persone in gamba, professionali. Io intanto guardavo il mio William, che mi sorrideva con il labbro rotto, ed era un modo per dirmi «cisiamoancora». Oggi, the day after, i lividi sono più viola, la testa batte un po’ di più, ma soprattutto ci sono quegli attimi di violenza, quel lampo in mezzo a una passeggiata che non vogliono andare via. Andranno via presto, lo so. Ma non dovrebbero. Non se prima non riusciamo qc ottenere una città più sicura, a cambiare in noi stessi quell’atteggiamento di indifferenza e paura. Paura nel dire, nel fare, nel denunciare.

Al comando di polizia siamo stati per un paio d’ore. Ci dicono che si è trattato di un episodio di bullismo, uno dei tanti. Di quei ragazzi un po’ rapper, con le croci appese alle felpe, croci senza significato, un po’ come la mia firmata da stilisti famosi. Mi ripetevo: extracomunitari uguale violenza e delinquenza. Poi è iniziato il fotoriconoscimento: tantissimi ragazzi minorenni, senza guida. Erano tanti, tutti liberi, tutti fuori, tutti in giro in tante Via Torino. E, sorpresa, c’erano italiani, filippini, africani, cinesi, italiani, inglesi, sudamericani e ancora italiani. Perché in fondo la violenza, purtroppo, non ha nazionalità.

Io e il mio William siamo qui a raccontare questa storia perché siamo stati fortunati. I nostri lividi e dolori passeranno, come spero tornerà presto quella leggerezza nel passeggiare nel centro illuminato di Natale di questa bella città. Sono Paolo, e passeggiavo in Via Torino alle 19.30 di sabato sera.

Paola Concia (Fonte Adnkronos):

La lettera pubblicata sul sito de La Repubblica, in cui si racconta l’ennesima aggressione ai danni di una coppia gay avvenuta in pieno centro di Milano, dovrebbe aprire una riflessione seria fra le forze politiche sui temi della sicurezza, del contrasto alla violenza, del modello di societa’ e di integrazione che vogliamo costruire per le nuove generazioni. Dalla denuncia pubblica delle vittime, si apprende inoltre che gli autori dell’aggressione erano dei giovani bulli. Questa notizia mi convince ancora di piu’ dell’estrema necessita’ di un osservatorio permanente contro il bullismo, la violenza e le discriminazioni nelle scuole, da istituire presso il Miur. Ed e’ per questo che ho appena presentato una proposta di legge che ne prevede l’istituzione. Oltre a questo da un mese e’ ripresa in Commissione Giustizia alla Camera la discussione sulla legge contro l’omofobia e la transfobia e sia noi del Partito Democratico che l’Italia dei valori abbiamo ripresentato l’estensione delle legge Mancino, unica strada possibile. Se davvero siamo in un clima di collaborazione, dobbiamo ricominciare senza pregiudizi a lavorare in Parlamento, perche’ lo strumento piu’ importante per contrastare l’omofobia e la transfobia non puo’ che essere una legge che costruisca veri deterrenti alla violenza. Senza dimenticare che l’europa ci guarda, e soprattutto ci giudica, anche su questi temi.

Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay (Fonte Iris Press):

Anche la grande Milano non è immune a violenza e omofobia, che sono la spia di un disagio sociale crescente e un pessimo biglietto da visita nazionale e internazionale, anche in vista dell’Expo. Invitiamo le Istituzioni tutte a vigilare e farsi carico di iniziative concrete di prevenzione alla violenza, discriminazione, omofobia e transfobia.

Marco Mori, presidente di Arcigay Milano aggiunge:

Stiamo lavorando perché i il Comune dia il via, al più presto, allo sportello contro le discriminazioni di gay, lesbiche e trans e alle prime iniziative di formazione che coinvolgano anche i Consigli di zona. Arcigay porterà in diverse zone della città il progetto “educare alla diversità”. Insomma, stiamo facendo la nostra parte, e prima delle elezioni, insieme a stranieri, disabili e anziani, abbiamo avvicinato la cittadinanza con l’iniziativa “Milano siamo anche noi” che ha ottenuto grande consenso. E’ ora quindi di mettere in campo politiche istituzionali nuove, che superino la logica della differenza etnica, di orientamento sessuale, culturale e religiosa per fare finalmente un discorso di piena cittadinanza e totale rispetto nell’uguaglianza.

Pierfancesco Majorino, assessore comunale milanese alle Politiche sociali:

Esprimo tutta la mia solidarieta’ a Paolo e William, aggrediti senza motivo da un gruppo di ragazzi. Ritengo molto grave quanto e’ accaduto lo scorso 19 novembre in via Torino. Questa Amministrazione condanna ogni atto di violenza e di discriminazione. Per questo motivo stiamo mettendo a punto un nuovo servizio: uno sportello dove troveranno ascolto e aiuto tutte le persone che subiscono atti di discriminazione legati all’identita’ o all’appartenenza di genere, etnica o culturale, alla religione, all’orientamento sessuale, alla disabilità. Abbiamo progettato questo sportello sul modello di quello di Torino, attivo da 10 anni. Lo presenteremo con l’assessore torinese alle Pari Opportunita’ Maria Cristina Spinosa, durante il Forum delle Politiche sociali del 2 e 3 dicembre. Il Comune intende avviare una campagna di sensibilizzazione, rivolta in particolare ai giovani, per diffondere una nuova coscienza comune basata sul rispetto dell’altro, sulla cultura della legalita’, sul riconoscimento del valore delle differenze, sulla pratica dell’antirazzismo.

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