Intervistato da Pontifex, l’arcivescovo emerito di Belluno, monsignor Alfeo Giovanni Ducoli, affronta a viso aperto il tema dell’omosessualità e delle violenze omofobe dei giorni scorsi con risultati piuttosto sconcertanti. Cosa penserà mai della condizione gay? Tenetevi forte perchè vi troverete di fronte ad affermazioni piuttosto pesanti
In sé stessa, come patologia, non é un peccato se repressa e contenuta nei limiti delle giusta misura. In poche parole se l’ omosessuale che non ha colpa di questa sua inclinazione disordinata e contro legge etica, si contiene e non da scandalo, non lo possiamo considerare peccatore. In sostanza non é pensabile condannare chi vive portando dignitosamente e con pazienza questa dolorosa croce.
In caso di atti omosessuali praticati con immensa gioia, le cose cambiano
La situazione é diversa. Si tratta di un peccato gravisismo, contro Dio e la natura umana. Solo un sincero pentimento può redimere chi pratica la omosessualità. Certo bisogna avere e chiedere per loro misericordia e non operare discriminazioni, ma non per questo, é lecita. Se un gay conclamato e praticante chiede il sacramento, questo non é amministrabile salvo un reale, effettivo e concreto pentimento, ovvero l’ aver abbandonato le sue inclinazioni contro natura.
Ed a proposito dei pestaggi in continuo aumento nel nostro (civilissimo) Belpaese, l’alto prelato ha una sua originalissima visione di tutta la vicenda
Chi commette atti vili come quelli é un delinquente e va castigato con severità, perché il ricorso alla violenza non é mai giustificabile. Però va detto che alcune volte i gay provocano, con le loro condotte esibizionistiche, con azioni impudiche in pubblico, con atti osceni, eccitano la fantasia perversa di gente debole e qualche volta si comportano rumorosamente con troppa esuberanza per la via pubblica e questo effettivamente può determinare in alcuni sensazioni di ripulsa e di risentimento e spingerli all’ aggressione. Ribadisco, la violenza non é legittima, ma esiste in casi come questi l’ attenuante della provocazione.