Per Monsignor Fisichella è più offensivo il Gay Pride di una bestemmia contro Dio. È di sabato 2 ottobre la dichiarazione dell’arcivescovo del Vaticano, secondo il quale (Fonte Giornalettismo):
Bisogna sempre in questi momenti saper contestualizzare le cose e, certamente, non bisogna da un lato diminuire la nostra attenzione, quando siamo persone pubbliche, a non venir meno a quello che è il nostro linguaggio e la nostra condizione; dall’altra credo che in Italia dobbiamo essere capaci di non creare delle burrasche ogni giorno per strumentalizzare situazioni politiche che hanno già un loro valore piuttosto delicato
Parole fumose, che confermano l’occhio di riguardo che il prelato ha sempre avuto nei confronti del premier italiano. Ricordiamo a tal proposito la polemica scoppiata lo scorso aprile quando, in occasione dei funerali di Raimondo Vianello, fu concesso al primo ministro di prendere la comunione. Alle critiche, Monsignor Fisichella rispose che Berlusconi non vive più nel peccato in quanto ha divorziato dalla sua seconda moglie Veronica Lario. Dichiarazione che sicuramente avrà lasciato scettico più di qualche divorziato cattolico.
Se le condanne arrivano dal mondo politico, in particolare da Rosy Bindi, cattolica e bersaglio della barzelletta del premier, la quale cita il Secondo Comandamento del Deuteronomio “Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio“, da parte di Monsignor Fisichella invece arriva un invito a valutare la gravità di un’offesa a Dio in base al contesto, facendo così ricorso a quel relativismo che però, secondo Papa Benedetto XVI, è il “peggior male del nostro tempo”.
Relativismo che però Monsignor Fisichella non applica quando si parla delle persone omosessuali che sfilano per difendere i propri diritti civili. “Il Gay Pride è una provocazione“, tuona il prelato. A quanto pare una bestemmia, invece, no.