Nei giorni scorso, Nichi Vendola si è confessato liberamente al Corriere della Sera, toccando temi molto delicati che hanno segnato la sua vita tanto da decidere l’ingresso in politica per sostenere i diritti dei gay.
Partendo dalla propria esperienza personale di omosessuale cattolico, il Governatore della Puglia si è lasciato andare a riflessioni molto intime: il rapporto con la Chiesa, solidissimo grazie a preti “illuminati” come l’arivescovo di Milano, Carlo Maria Martini oppure il vescovo Tonino Bello, entrambi sostenitori convinti della libera espressione della comunità lgbt italiana.
Sono sempre stato cattolico e omosessuale, non l’ho mai nascosto. E dichiararsi non è pettegolezzo. È carne, fatica, sangue, dolore, emarginazione, offese, violenza. Sono sempre stato anche cattolico e comunista, come la mia famiglia. Ed è stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito. Ho parlato della mia omosessualità con molti preti, con uomini e anche con donne di Chiesa. Non mi sono mai sentito rifiutato. Sono state anzi interlocuzioni belle, profonde. La Chiesa è un universo ricchissimo e complicato, non riducibile a nessuna delle categorie politiche che usa la cronaca. Nella Chiesa ci sono molte sensibilità, molte cose; e qualcuna crea dolore e tristezza, quando evoca stereotipi pseudomorali che non hanno solo l’effetto di indicare identità ideologiche, ma anche di ferire la vita delle persone.
Molte le malelingue sul suo conto da parte di molti suoi colleghi parlamentari, che hanno fatto di tutto per ostacolare il suo percorso da deputato omosessuale
Un dirigente nazionale di An venne a fare campagna elettorale nel ‘94 e tentò di stroncarmi accusandomi di andare con i ragazzini, peraltro pagati per dirlo. Andò via con le pive nel sacco, mentre io ricevevo migliaia di lettere di ragazzi che mi dicevano grazie per avergli dato coraggio.
Vendola sostiene vivamente il desiderio di genitorialità, come possibilità dell’individuo da estendere ai single e perchè no, anche alle coppie gay.
Mi sento di ribadire il mio desiderio di genitorialità. Sento molto la tutela della vita, la difesa del vivente. Sono contro la mercificazione e la privatizzazione della vita. Il tema fondativo del futuro è la costruzione della vita nelle forme di comunità. Il sangue non c’entra: per me la paternità non è un dato fisiologico, limitato al proprio seme. Allevare un figlio significa accudirlo, conoscerlo, ascoltarlo; amarlo. Dev’essere una cosa bellissima. Per questo, ogni volta che leggo di un neonato abbandonato, provo una stretta al cuore