L’ennesima approvazione di una legge anti-gay a San Pietroburgo ha scatenato la protesta all’ambasciata russa a Roma, dove gli attivisti dell’associazione QueerLab hanno protestato davanti alla sede diplomatica: che la Russia sia notoriamente volta all’omofobia è noto, ma l’approvazione di una norma che prevede multe da 120 a 12.000 euro per chi manifesta il proprio orientamento sessuale o addirittura sponsorizza i diritti dei gay è un passo pressoché strumentale per fermare l’emersione della nascente comunità lgbt russa.
La Rivoluzione Queer non Russa è lo slogan scelto dai giovani attivisti romani e si rivolge primariamente al governatore di San Pietroburgo, Georgy Poltavchenko:
Le speranze che il governatore fermi quella legge sono minime, ma era importante mandare un messaggio di solidarietà alle persone omosessuali e transessuali russe.
Il provvedimento definisce la propaganda gay come:
la diffusione mirata e senza freni di informazioni in grado di mettere a repentaglio la salute e lo sviluppo morale e spirituale dei minori, incluse quelle che potrebbero creare un’immagine distorta dell’equivalenza sociale fra relazioni coniugali tradizionali e non, vietando tutte le azioni pubbliche, volte alla promozione di sodomia, lesbismo, bisessualità e travestitismo tra i minori.
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